Tre tipi di persone, ma una proprio non la sopporto.

Per quanto mi riguarda nel mondo ci sono tre tipi di persone.

Ci sono quelle che hanno bisogno di ricevere sicurezza da parte degli altri e quelle che la sicurezza ce l’hanno e la trasmettono.

E poi ci sono quelle che da una, vogliono passare all’altra.

Le prime mi fanno veramente tanta tenerezza.
Ti stanno vicino, pure troppo.
Sono sempre presenti, overdoing, super preparate su quello di cui hai bisogno. Sono quelle che se hai bisogno di un fazzoletto, lo hanno sicuramente in tasca.
(ndr. lo sapete che in inglese si dice handkerchief? La trovo una parola divertentissima! Sorry, sto divagando)

Quelle che si ricordano il profumo che usi, il panino che hai mangiato quella volta nel lontano settembre e quelle che adorano farlo notare, che sono sul pezzo.
Quelle che mollano tutto solo per dimostrati che sei la persona più importante per loro, ma l’unica certezza è che importanti si sentono loro.

Sono quelle che riversano su di te le loro paure dicendo cosa fare e come comportarti, ma in effetti, lo stanno dicendo a se stesse.

Alcune addirittura usano l’impersonale!

Si dovrebbe far così, o di norma ci si comporta così.
Ecco, ma chi lo dice?

Però (c’è sempre un però) alla tua prima mancanza d’attenzione, al tuo primo grazie dimenticato, ti montano un teatrino greco che non ti racconto.
Perché io ci sono sempre e tu non lo vedi, perché io, perché io, perché io….

E tu? E tu sei solo la sicurezza per la loro insicurezza.

Le seconde, sono le uniche di cui mi circondo.

Sono quelle che sono presenti, lo sai nel profondo, ma non hanno bisogno di dimostrare che sanno tutto di te, perché lo sanno e basta. E te lo ricordano. Spesso. Magari con dei fiori.

Sono quelle che non avranno mai un fazzoletto in borsa, nel dubbio lo comprerebbero.
Ma se ne avessi mai bisogno davvero si leverebbero la maglietta e resterebbero a torso nudo.
Sono quelle che probabilmente sanno come si dovrebbe fare ma preferiscono ascoltare quello che tu credi sia giusto, e sviscerare il tutto fino a prendere una decisione, insieme, la tua.

A volte sono frustranti perché avresti veramente solo bisogno di sentirti dire quello che vuoi, sentirti sicuro, ma loro ti conoscono e tirano fuori quello che è meglio per te.

Shit.

Le seconde sono quelle di cui mi circondo.

Sono quelle che scorgono la tristezza dietro una foto con un sorriso smagliante, e semplicemente ti mandano un cuore.

Sono quelle che non hanno bisogno di grazie o di pensarla come te ad ogni costo.
Sono quelle che ci sono e ci saranno per sempre.

E poi ci sono quelle che cercano di passare dall’altra parte. Le terze.
Quelle, sono quelle per cui mi batto.

Io ero una delle prime e mi facevo tenerezza.

Passare dal sorriso al pianto solo per richiamare l’attenzione ero il mio cavallo di battaglia.
E la gente ci cascava, e l’abbraccio era immediato. Quell’abbraccio era la mia medicina, la mia cura.
Compravo sempre il pane fresco, la crema giusta, il regalo perfetto, ma la frustrazione aumentava.
Se non scattava la trappola “pianto” il grazie, l’abbraccio non arrivava.

Quando la tenerezza che provo ora per le persone cosi l’ho provata per me, mi sono fermata e mi sono chiesta: “e mo’ come ne esco?”.
Ho deciso di andare da una persona competente a chiederlo e la sua risposta è stata una delle più semplici: “ma te lo hanno mai chiesto?”

Eh già.

E qui torniamo al fatto che questo comportamento non è sano e non ha niente a che vedere con l’affetto, ma con la propria gratificazione.

Mi trovo ancora alcune volte, non spessissimo, a passare dalla prima alla seconda, vagando nella terza per qualche tempo e cercando delle conferme che mi facciano capire di cosa ho bisogno veramente.

Ma dura poco. Per fortuna. Ho imparato a cercare la sicurezza in me stessa e che se le persone che mi stanno accanto hanno bisogno giochetti, o non fanno per me, o non le voglio.

Per quanto mi riguarda nel mondo ci sono tre tipi di persone.

Nessuna è migliore dell’altra.

Bisogna solo scegliere quale essere e quale si vuole accanto.

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